Rivista settimanale per Internet INDIO GRIGIO
Nº 358 -ANNO 2008- GIOVEDÌ 31
GENNAIO

 

FUSIONA - DIRIGE - SCRIVE E CORRISPONDE: MENASSA 2008

NON SAPPIAMO PARLARE MA LO FACCIAMO IN VARIE LINGUE
SPAGNOLO... PORTUGHESE... ITALIANO...
e alcuni  numeri, anche , FRANCÉSE, INGLÉSE, TEDESCO...

INDIO GRIGIO È PRODOTTO
DI UNA FUSIONE

IL BRILLO DEL GRIGIO
E
L’INDIO DEL JARAMA

LA FUSIÓNE CON PIÙ FUTURO
DEL SIGLO XXI

Indio Gris


INDIO GRIGIO Nº 358

ANNO VIII

 

COSÍ PARLÓ ZARATUSTRITA NEL 1978

TRE DECADE FA, 30 ANNI

 

Caro:
   

DOPO DELLA MORTE

Nel  rifugio della notte
la vita  scivola levemente.

Così supervo
Così spettacolare era il poema tra le ombre,
che non mi abasterá per scriverlo,
ne la mattina ne la notte
ne il resto della mia vita.

Navego, como navegarono i grandi naveganti, 
cieca,
con il polso detenuto per la emozione di ogni istante, 
odorando terra ferma in tutta direzione 
e, cosí,
un’altra volta il mare e il profondo cielo permanentemente.
Venti  profumati
e pesci impaziti per la fame, festtgiano
la inminenza di un nuovo fallimento.

Nassuno ha di morire in quella dimenticanza,
sorgino, rinforzate
per l’odio di proseguire cercando, 
imprecazioni e bestemie.
Capitano del’annoio,
sempre cercando terra ferma,
sempre incontrando aperti mari e profumi,
chiusi oceani.

Con la supervia di un uomo incatenato
e libero,
un giorno finirò gridando tra tue braccia:
io ammazzai a Dio, voglio la ricompensa,
e, sicuramente, qualcuno mi dará 30 denari
e mia follia seguirá avanzando su di tutti.

Viene del sud, diranno, è un esagerato.
Anquila scivolosa e vorace,
eléttrico profumo tra le pietre,
parola smesurata, è il poeta.

Vengo per che con me muoia lo último.
Al di là del niente, incomincia mio cammino.

Un uomo è ad altro uomo, suo poeta e l’Altro.
Olímpico destinoe, alla stessa volta,
imbalsamata furia detenuta.
Contraste primordiale tra mio essere e il mondo.

Un uomo  è ad altro uomo, suo  sguardo e il cielo.
Paloma messagera e, alla stessa  volta,
nostálgico assassino  tra le ombre. 
Intermittente  canto popolato di silenzi.

Un uomo è ad altro uomo, la morte e suo miracolo.

Intento strappare il fazoletto che copre miei occhi,
doe duri colpi nel proprio centro del timone,
per deviare la rotta, e non aquisto niente.
Fumo sigari  e bevo alcool forte.
Disegno, tra gli occhi della donna che  amo,
la possibilità di un nuovo percorso,
e di fronte a quel sguardo  meravigliata per mio terrore
rompo il sestante e la piccola bussola marina,
e nel cuore pieno della nebbia
-nel inizio di questo nuovo finale-
butto come se fosse  spazzatura
mie últimi ricordi al mare
e baccio tue labbra.

Terra ferma
e nostra   nave si spezza tra le onde,
movimenti disperati a punto di naufragare
sono il movimento di nostri corpi.
Baba e latte
si confondono con il torrente di acque maríttime
e alghe
e brillanti moluschi come perle,
sacrificati ad un dio.

Mare aperto
e nostra nave si ferma
nelle febrorosi battiti del tuo cuore,
tamburo tra  soave mormori della selva.
Indómito
-selvaggio annidando nel’erba-
strappo tuo sesso della terra, violini della musica, 
movimenti come pugnali  inchiodandosi nel cielo.

Primo di incominciare mio nuovo cammino, 
tratto di segnalizare il punto di partenzza.
Parto da dove l’uomo si sbatte 
nelle braccia sanguinante del niente.

Io sono quel uomo,
mordito per la vita umana a tradimento,
trappolato  nel sciocco ritmo del orologgio, 
impazzito per il palpitante rumore delle macchine,
ensombrecido por la lujuria de los dioses asesinos
-uomini solitari e, anche, uomini abbitati-,
e, purtroppo, dono mio primo passo.
Piccolo passo,
non imprendo veloce carriera verso le tenebre,
perche sono un uomo attemorizato,
che gia non sa se suo prossimo paso
sará marca o livello di altri passi uumani
o la  strada senza uscita della sua morte.

Nei passi seguenti, mi disorienta
vedere mio nome nel nome delle strade,
indicando la direzzione desiderata.
Brutale incontro con me stesso e prosiguo andando,
perche seguire andando  verso altro scoprimento ogni volta,
dopo dei primi passi, si fa abbitudine.
E, purtroppo, uno anche  si dice: quí mi fermerò.
Dietro di me, sólo montagne,
e seminerò quella terra
e attraerò con mio canto l’acqua della  pioggia
per che tutto fiorisca e si riproduca  
ello femminile sia legge del’amore,
mela delirante senza peccato,
e in quel  paradíso vivirò, tranquillamente, un pò di tempo.
Dopo, alcún umano abbitante del  niente di Dio
intentará colonizarmi e  ne anche avrà guerra.

Quando se sequen las flores,
quando se putrano definitivamente gli  frutti,
perchè già non cè  amore a sua cura,
darò un altro passo  in più,
piccolo passo conmosso come quel primo passo,
e cosí, sicuramente, vedrò  diversi orizonti,
e cosí, sicuramente, un giorno, morirò camminando
e niente passerá,
perche i violenti profumi del mio corpo,
quando cammino, sono  mie proprie parole
e cosí, vedo mio nome volando in quel odore allucinato, 
al di là della mia morte,
camminando.

Ci incontriamo giovedì.                               

Indio Grigio
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