Rivista settimanale su Internet INDIO GRIGIO

ANNO 2009
Nº 423 - GIOVEDI 4 GIUGNO -
 
 

FUSIONA - DIRIGE - SCRIVE E CORRISPONDE: MENASSA 2009

NON SAPPIAMO PARLARE MA LO FACCIAMO IN VARIE LINGUE
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ed alcuni numeri, anche, FRANCÉSE, INGLÉSE, TEDESCO...

INDIO GRIGIO È PRODOTTO
DI UNA FUSIÓNE

IL BRILLO DELLO GRIGIO
E
L’INDIO DEL JARAMA

LA FUSIÓNE CON PIU FUTURO
DIL SECOLO XXI

Indio Gris


INDIO GRIGIO Nº 423
ANNO X

 

Recitale poético musicale di primavera
Colegio Mayor Nuestra  Señora de África
il 13 magio di 2009

III

Miguel Oscar Menassa e Indios Grises
 

Erotismo ai 45 anni

 

LA DONNA ED IO

12

 

Disterro di mia vita il pianto,

compassivo, per quello che non avvrò.

Osservo con intelligenza maschile

Quello che nai già avvrà e non piango,

non maledico avere nato uomo

ne che abbiano essistito prima di nascere

i marciapiedi, il canto, il sesso aperto,

la follia, le strade illuminate,

la via, gli uccelli cadendo.

Cosa ebbe primo di me, belle donne

che amarono ad altri uomini, averono altra pelle.

 

Acetto senza rancore provenire della terra

In tuttii sensi, terra e amore,

sesso e delirio, tutto polvere della polvere  .

 

Quevedo quí, Vallejo al mio fianco,

Machado doléndosi del cammino fatto

e tú e io e il mondo, amata, che ci inghiotta,

se non lasciamo di pianggere non vedremo il sole.

Cosí, gli disse, che lo decido oggi stesso,

quí con te nella nostra propria casa:

I morti non essistono, gia stanno morti

Non so perchè, addolorati, seguire piangendoli.

E la vita, esattamente, piena, non essiste,

¿per che continuare ambizionando quello?

 

Senza soffrire per quello che gia non si ambiziona,

senza piangere ne a quelli partiti ne a i morti,

cominceremo a scrivere un nuovo verso

e quel verso, chiave del tempo attraversata

per la piccola allegría personale

di sentirci felice senza niente da pianggere,

morirá per sempre la poverta,

il mal volere, la  angoscia per il sesso

pero mai avvrà ne pace, ne libertà

e seremo belli, alti, bene alimentati

e passeremo sempre facendo la  guerra

contro i brutti, bassi, male alimentati…

 

Vediamo, amore mio,

mi disse ella al orlo del enfado,

un verso piano, possibile, vicino della terra

su dove si possa camminare senza schianto.

Un verso che ci dica la verità della vita,

che ci parli con chiarezza del dolore,

della piccola schiavitù delle donne,

un verso, caro, che faccia la guerra

e che lavi i  piatti con noi.

Vediamo, caro, un verso, che mi liberi di te

Voglio vederti dire, sereno, in qalche verso

che tuo amore potrá sostenere mia libertà.

 

Apri la cella dove mi custodi,

libérati in un verso, voola fuori di te.

Giardate, donne, mio uomo si inginocchia

al passo, inquietante, della bella.

Scrive, amore, in un poema, che tuo amore

Illimitato ed eterno,ostinato ed infinito,

è capace di allegrarsi con mia partenza

ed aspettare che io cresca per amarmi.

Vediamo, caro, scrive in un poema…

 

Compulsato per ella intenté dirli la verità:

Fumo e scrivo da quando aveva dodici anni,

quando mi lasciano solo mi masturbo

e stò contento sempre senza sapere per che

edateti amo perche si, senza appena motivi.

Per quello, adesso, voglio stendermi

in un verso semplice, in piena terra,

nel centro stesso della strada

per poter amarti senza muraglie

edintregarmi fatale a tua cechezza

e lasciare scritto in qualche verso,

amo sua libertà, amata signora

epiù che quello,

la penso tutto il giorno in librtà

e mai potè comprendere perchè

rimanevi, sommessa, al mi fianco

sperando che io aquisisse

alcuna libertà e te la regalassi.

 

Dopo, arrivai a pensare che non mi amavi

Che eri al mio fianco perche mia belleza

mia maniera di intregare mio corpo al’amore

ti difendevano di Dio ed un poco di tua madre.

E, dopo, alcuni sucessi senza maggior importanza,

sempre necessitavi un denaro che mai avevi.

Eri ostinata e gelosa della maniera più samplice,

“non voglio, non voglio, non voglio e non mi importa”

ed  aprivi de piernas e chiudevi tuo cuore

ed io, non ti comprendeva pero ti amava,

ti amava con fervore, senssibile a tue parole

sempre ti fece credere che ti desideraba.

Che era io quel che voleva questo o quello,

lavorai duramente fin ad aquisire

costruire nel mondo tue ambizioni

pero ti faceva credere che mie erano le tue idee.

 

Ella mi interrompè convulsionata per dire:

è vero che ci sono cose che  Dio non mi permette

e di preferire

preferirebbe che mia madre viva per sempre

e, anche, è vero, che certi pomeriggi

si fecero un po’ più chiare col tuo denaro

pero io, mio caro, voglio lasciar chiaro

che non sono ne ostinata ne invidiosa e

mi piacerebbe ricordarti senza cattivi intenzioni

che la prima scena di gelosia mi la facesti tu.

 

E desiderare, amore mio, ¿chi capisce il desiderio?

Tú mi desideri, mi desideri, cosí vuoi che creda

pero sólo mi baci quando sento quel ardore,

quando mie labbra si infiammano di pazzia.

 

Tú mi desideri, tú mi desideri, cosi lo dici

Ed io ne posso, ne anche, tollerare la tenereza,

pero quando io trascorro indifferente,

a tue carezze, a tue baci ardenti,

senza pronunciare suoni ne parole,

diventi folle, di sentirti impotente

e quando posso pensare in altra donna,

il desiderio, mio desiderio per ella corroe tue viscere

e come un bambino godi e giochi come un bambino,

e come un bambino sólo vivi per mio desiderio.

 

Non volè rispondergli, pero gli disse:

Mia madre vive in ultratomba,

in un posto, per me, sconosciuto

e bambino sono e sarò sempre, ma non abasta

e in quanto al godere ti dirò: ai raggione,

un uomo sólo gode se lei lo desidera

e quando ella si sbaglia e desidera con forza

che lui vola del mondo distrutto e triste

l’uomo torna a casa triste e vinto

ed ella, allora, arriva al cenit della magia

ressuscita al moribondo e gli concede un sogno:

Sogna che sei felice, caro, che mai ti inngannai,

che sempre sei stato sincero di parte tua, vero.

 

 

 

* * *

Recitale poético musicale
Auditorio Municipal de Camarma de Esteruelas
il 30  maggio di 2009

I

Miguel Oscar Menassa,
Kepa Ríos, Leandro Briscioli, Adrián Castaño, Fabián Menassa
 

STO CONTENTO DI TANTO AVER AMATO

Sto contento di tanto aver amato,
di tanto aver arrivato al confíne dei baci,
contento di aver abbracciato per le notte
coinvolto nei vapori del silenzio
al vivire lussurioso della carne ed il fuoco,
alla espléndida e folle passióne delle parole.
Contento di alzarmi una mattina,
con le pupille umidi machiati per amore. 

Fu un secolo di pazzia, crescemmo in tutte direzioni,
odio e amore si agigantarono,
la poverta arrivó anche la riccheza,
lo nezio e la bella pazzia  popolarono monasteri,
le malattie che produsse l’amore
arrivarono fino all’anima popolando i silenzi,
nel suo affanno di morire, l’uomo inventó virus
che attacano, con fervore, il pensiero. 

Dopo, si deve dire,
nel cuore della música
in questo secolo si rompè la chitarra,
il violíno delle guerre fu lamento che,
volando verso i cieli,
aggiungeva il dolore. 

La trompetta fu ululare e l’ululare fu canto,
anche il sesso gridava alcuna pietà.
Ebbe tamburidi pazzia, in questo secolo,
che sccoppiando sonando come sfere di luce.

 

 


 

Alla  prossima.

Indio Grigio
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