Rivista settimanale per Internet INDIO GRIGIO
Nº 378 - ANNO 2008 - GIOVEDÌ 19 GIUNNO

 

FUSIONA - DIRIGE - SCRIVE E CORRISPONDE: MENASSA 2008

NON SAPPIAMO PARLARE MA LO FACCIAMO IN VARIE LINGUE
SPANOLO... PORTOGHESE... ITALIANO...
ed alcuni numeri,anche, FRANCÉSE, INGLÉSE, TEDESCO...

INDIO GRIO È PRODOTTO
DI UNA FUSIÓNE

IL BRILLO DELLO GRIGIO
E
L’INDIO DEL JARAMA

LA FUSIÓNE CON PIÙ FUTURO
DEL SIGLO XXI

Indio Gris


INDIO GRIGIO Nº 378


ANNO VIII

COSÍ PARLÓ ZARATUSTRITA NEL 2002

 

Caro:

PER CHE QUALCOSA NAZCA, QUALCOSA DEBE LASCIAR DI VIVERE
O LA NOVA LEGGE DI EXTRANJERÍA

Adesso a crescere, che vuol dire:
allenarsi con volontà feconda
per poter tra alcuni anni
sapere vivere, amare in altro mondo.

Adesso a crescere,
a deviare nostri principi,
a incarcerare nostri passioni,
farsi sopportabile e se un giorno,
sento una pulsazione strana
che al liberarmi mi condanna:
Dirò che no, mille volte no.

Adesso a crescere,
a comprendere il valore dil denaro.
Il denaro può, quando vuole,
di un sólo colpo,
distrugere tutta virtù,
imbarazare  il niente,
imbellire con fiori il deserto
e fare del uomo e della petra
due amanti perfetti.

Adesso a crescere,
a lasciarsi portare peri l contratto.
Conoscere a fondo nostri sentimenti
per abbandonarli.
Non mettere mai  di scusa,
nel lavoro, un amore,
perche mi rubberanno l’amore
e non mi daranno nessun denaro.

Adesso a crescere,
che vuol dire adesso a riposare.
Non mi fu possibile incontrare niente in nessun  sito
ne amori, ne vantaggi, ne pane, ne solitudine
per quello mi condanno a scrivere un poema.


Un poema di un uomo
che gia lo avuto tutto
e desidera sognare.
Un poema di un uomo
che sogna tutto il giorno
pero non puo amare.
O la storia di un uomo
che lavorando duro 20 anni
pottè alla fine avere vacanze.
O quel uomo che amava
sólo a sua madre e che avè
un trágico accidente nel mare.

Uomini coragiosi,
uomini di acciaio fermo,
combatenti,
nelle strade della città,
tutti conto tutti.

Io sono un uomo
e scrivo con violenza.
A volte finisco sapendo
cose che mai o vissuto.
Altre, mi rendo conto, vivo vite
chge mai immaginai.

Sono elegante e vado vestito di parole,
allo stesso tempo desidero e mi dfesideranno
e quello mi da coragio per seguire nel poema.
Mi fanno  sentire che scrivo per il mondo.

Dico violeta, metto violeta quí
e l’orizonte si dipinge di violenza  .
Dico violenza, metto violenza quí
ed un uomo strappa sue  genitali
e gli offre a Dio

O ancora, una donna gli dice al’uomo,
¡ammazzami! per favore,
e l’uomo la ammazza con certo nerviosismo
e la donna, d’accordo,
gode mentre si muore.
L’uomo
va in carcere 30 anni
e quando lo liberanno
una luce lo inceca
e muore imbestito e cieco
per un bambino andando in bicicletta.

Un uomo, una donna si trovano nella vita
e si imbestiscono come bestie  
e si sorridano, cálidamente e si abbraciono
primo di cadere.
Quel abbraccio, mutuamente, li salva.

Dopo sue vite si comano di carte,
carte di nascere, di avere nato
in un paese, un popolo.
Carte che confermano
che padre e madre fecero l’amore.
Carte che mi dicano
che sono un uomo quí.

Quí, in questa carta, si dice chiaramente
che questo uomo che sono
nascè di umani esseri
e la carta assicura,
con la forza della parola scritta,
che nel momento della foto,
questo uomo che sono, stava vivo.

Venite a me, che ho per darvi niente.
Niente di niente ha lo straniero, niente
e, purtroppo, tiene un verso negli occhi:

Ruota la vita, ruota e, anche, si detiene.

Quí stanno, mia vita, mie figli, mio denaro
mio lavoro futuro, tutti miei amori.
Al meno datemi una carta che dica:
"Lo straniero Giovanni non ha niente,
tutto lo a dato per una carta".

Non ho niente, nedignità mi resta,
al meno una carta che dica che ho vissuto.

Questo fu Giovanni, nato di padre e madre
fu, essattamente, un uomo
pero viveva come un cane, senza amore e senza padrone.

Al morire, anche, li fracassarono le carte
e nessuno si rendè conto di sua morte.
"Non stava", "non veníva", "lo avrebbero contrattato"
pero nessuno poteva pensare che aveva morto.

Carte, datemi carte,
sono la donna della valle dove la radiazione
si mangiava, voracemente, a gli uccelli,
tengo nel mio corpo marche della esplossione.
I selvaggi carri della guerra al’alba
attraversarono nostro corpo.
Ne anima ci lasciarono.

Fumo bruciate vive e, pur troppo,
nel mio corpo ancora brilla,
la carezza del amato al partire.
Tengo le labra rotti per il sale della vita
e, purtroppo, quando torna,
dolce è il bacio del’amato
anche se torna a partire.

Cristi e dei al passare per mio popolo
non incontravano pace vedendo quello che sucedeva.
Caíno, l’assassino, stava vivo
e Abel di sogni era, irragiungibile.

nel mio popolo si violavano le vergine
per non contraere malattie
e attaccavano a i bambini della cintura in giù
per che non potessino, i poveri, camminare.

E quando non aveva pane o carne o gassolina
si ammazzava alcun povero, alcuna puttana.
Ed ebbe notti, nel mio popolo: la terra,
che si chiamarono le notti delle bombe
dove ci coricavamo uno sopra del’altro
per che quelli di sotto non morissino.

E dopo ebbe orrori che si dimenticanno,
orrori dove tutta la colpa
la teneva Dio.

 

Al giovedì.

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