Rivista
settimanale per Internet Indio Grigio FUSIONA - DIRIGE - SCRIVE E CORRISPONDE: MENASSA 2007
NON SAPPIAMO
PARLARE PERO LO FACCIAMO IN VARIE LINGUE
INDIO GRIGIO
È PRODOTTO INDIO GRIGIO Nº 337 ANNO VII EDITRICE
15 ottobre di 1975, Buenos Aires
SECONDO MANIFESTO DEL GRUPO CERO
Scrivo, scrivo tutto il giorno per saziare mia sete. Devo appartenere a quella classe di bevetori insaziabili. Quelli della mia estirpe deveno essere considerati sicuramente come uomini che vivono fuori della legga. Non siamo quello che si dice apassionati, siamo quelli che calcolamo il destino, teniamo proggetti sul male che ci avvelena, vogliamo che lui sia nostra maniera di vivere. Non vogliamo abbolire la giustizia, vogliamo agiungere alla giustizia la capacità di detettare le diferenze. L’uomo sempre è una crucivia che si risolve con un assassinato; la giustizia deve saperlo. La precissione di un atto ( anche se in se stesso sia un atto selvaggio) deve tenere sempre il perdono della giustizia, se è un atto perfetto non tornerá a ripetersi. Le imprevisioni dovranno castigarse severamente; loro annunciano la repetizione inútile e cieca di una realtà infantile senza senso sociale. ¿O mío essere non è per caso quella diabolica combinazione di nostri destini? E chi non crede per che non sà o per che mai li toccherá credere, che faccia prove, che si essaurisca fino alla fine, che se ne vada, che chiuda di un colpo la porta di nostra casa, che torni ferito, che muoia di espanto in una strada senza uscita , che comunichi senza nessun risguardo le chiave segrete di nostro potere, che commenti fra le puttane e cattivi odori di seme fermentato, nostre battaglie come se fossino fresche storie d’amore. Noi sappiamo che tornerà. Nessuno dimentica quello che non si può dimenticare. Siamo specialisti in alte cime, nostro mestiere è mostrare le cose innombrabile. Nel principio eravamo riccamatori del anima buche della terra della vita, reanimavamo, davamo calore e speranze. A quanta immondizia trovavamo per la strada offrivamo nostro cibo e nostra casa avevamo per ogn’uno le parole dei suoi mezzogiorni e le parole di sua notte. Nostro mestiere, in fine , era lavare le orecchie a i sordi. La quantità essagerata di fedeli provava che noi eravamo dei imbecilli . La quantità essagerata di nemici provavano che le pasión non servono per niente. Pero gia era tarde,
la carne avrebbe di scoppiare quando gia nessuno aceptaba suo scoppiare . La
sorpresa fece impossibile tutta difesa. E conoscemmo l’imondizia e ci
rendemmo conto che tra di noi vivevano i miserabbili Noi sappiamo dal principio che la carne parlerebbe. E la carne parló. In sotto voce; soltando alcuni pochi ascoltammo, e disse della morte, e parlò di che la pelle si apre con il tempo , che nostro sistema muscolare estimulato costantemente (e non suggetto lo stímolo a nessuna LEGGE) termina per esaurirsci. Suo senso si perde in sua fatica. Ella disse che tutto poteva essere un godere, pero che la violenza avvicinava alla morte Quando disse che la morte di nostri genitori, disse la verità Amo mia carne per che in ella si incontrono i segreti dei segreti. Perche imparai ad amare mia carne inmezzo la immondizia, dico che da oggi il mistero della cifra essatta di mio essere, sólo sará per chi comprenda sua vera dimenzione. A i deportisti li
consiglio appartarsi del mio cammino, sono per loro una luce mala, E sua voce si perdeva tra il rumore di nostri excrementi. E la carne disse prima di morire Il godere sará l’incontro con quello che non sono ne mi appartine, il godere sarà : il godere delle differenze. Se niente altera mia
ragione, se tutto è uguale, se nessun battito è differente, se mio polso è
perfetto, se mie genitali muoiono a causa della quietu, non cè dubio ,
stiamo in presenza di un idiota. Lo acconsigliaabile, preparare le baligie e
partire. Sempre è meglo partire alla recerca di nov dei , che morire tra le
rovine dei tempii di un dio che si distruge. Fugire non sempre è la
ordine, sappiamo che in mezzo alla catástrofe si trovano le anime più pure
, nostre anime furono incontrate in mezzo alla catástrofe. QUESTO È PUBBLICITÀ
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