Rivista settimanale per Internet Indio Grigio
Nº 331 ANNO 2006 GIOVEDÌ 8
 MARZO

 

FUSIONA - DIRIGE - SCRIVE E CORRISPONDE: MENASSA 2007

NON SAPPIAMO PARLARE PERO LO  FACCIAMO IN VARIE LINGUE
SPAGNOLO, FRANCÉSE, INGLÉSE, PORTOGHÉSE, ITALIANO 

INDIO GRIGIO È  PRODOTTO
DI UNA FUSIÓNE
IL BRILLO DELLA COSA GRIGIA
E
L’INDIO DEL JARAMA
LA FUSIÓNE CON PIÙ FUTURO DEL SECOLO
XXI

Índio Gris


INDIO GRIGIO Nº 331

ANNO VII

EDITRICE


ADDIO
CULTURA
MIA SIGNORA

Quando piccolo ascoltava parlare ai più grandi:

Ella, un giorno, aprirebbe sue porte,
per che io entrasse, per fine, alla vita.
Giovane  príncipe entrando al palazo che li corrisponde.

Io cresceva
e miei amici crescevano
e tutto  era speranza.

Stavamo anniquilati per una illusione:

Ella un giorno aprirebbe sue gambe, sue porte, sue  finestre
e noi  entraremmo in ELLA come ELLA in noi
e, in quel istante, il regno dei  cieli nella terra,
sería la cultura.

Con il tempo, sperando e facendo nostre cose,
-sperando di giorno, facendo  nostre cose di notte- 
fummo trasformando tutte le illusioni in bandiere.

Salimmo alla strada per gridare:

¡la cultura è nostra!

¡la poesía al popolo!

¡la donna alla poesía!

Gridávamo di tutto, dopo,
percipimmo l’ulullare di Hiroshima,
impoverendoqualsiese  dolore.
Lasciammo di gridare.
Con i denti stretti,
con una palpitazióne interiore, incredibile,
come se la vita fosse quello, stringere i denti.

Nella quetu di quel silenzio passarono  anni.

Eravamo ostinati, amávamo con fervore le illusioni
e quella passione tra i ghiaci,
fuoco brutale che ancora mi sopravvive
e canta nel proprio centro del silenzio mortale,
-che mi rende per ammazzarmi-
una canzone,
última tra tue braccia.

Addio,
vecchio piacere quando piccolo
e pensava arrivare alle stelle.
Mia signora, guarderò nel mio cuore le tracce
di aver fatto l’amore  con lei e qualche giorno,
non mi lo perdoneranno e, purtroppo, mi conffesso:

Io fui felice tra sue carni di violette.

Quante volte un soneto  fece scoppiare mio cuore di porvenire.

Quante volte la armonía, la perfetta armonía, vostro Dio,
fece chedi  miei occhi cadesse una lacrima.

E cullando a miei figli,
sape  recitare, acompassatamente,
dei grande poeti,  i migliori versi.

E viaggiai per le sílabe cercando la longevitù essatta della notte.

E calcolai il destino di una vocale durante anni.

E mi attaccai alle parole.

E vivè maniatato tra le foglie dei  libri.

Di seguire per quel cammino mi toccava la gloria,
ma, più tarde, inesplicabilmente, comenciai a crescere.

Le parole non cambiano nelle frasi.
Le frasi cadeno  della página.

Miei sentimenti  ingrandivano il  cuore del mondopericolosamente.

E al camminare,
troppicava con le parole
                                         e cadeva.

                                                 Una
                                                      e altra volta.

E le parole si mettevano per mie occhi aperti
e mi lasciavano cieco, e lí,
precisamente, vuoto di nerezze,
trasparenza dove la biancura fa pensare nel inferno,
la Poesía mi tendè sua mano e in quella  gioía,
-ubriachi di averci incontrato -
rompemmo,
cayendo insieme, tutte le barriere.

Ella diformó suo essere nel incontro
e io,
intregai mia vita nel addio.

Addio, cultura mia signora

 

ADDIO, ALLORA

Addio, perche  il poeta ha di seguire viagiando.
E se mio amore vi  fa male al rompersi,
quello è il suono, forte, della libertà,
rumore di catene facendosi a pezzi.

Addio, perchè già sono statu quì, nel mio sito.
E vi entregai mio amore, mio corpo fatto a pezzi,
la voce clarividente di miei versi
e quel sguardo mio, aperto al’universo.

Addio, perche il poeta ha di seguire viaggiando
e come qualcuno mi ha amato in questo popolo
e come qualcuno, sicuramente, qualcuno mi ha guardato,

non lo penso più,  prima di andarmene,
primo di incominciare la nuova travesía,
toccocuei labbra,bacio quella solitudine.

         Addio, allora

 

POESÍA, LETTERE D’AMORE, PSICANÁLISI,
¿EROTISMO O PORNOGRAFÍA?
QUALCOSA DI POLÍTICA O RACCOLTA DI SPAZZATURA
E LETTERA DEL DIRETTORE

 

AUTORETRATTO

¡CHÉ PECCATO!


¡Chè peccato
che io non possa cantare alla usanza
di questi tempi lo stesso che i poeti di oggi cantano!
¡Chè peccato
che io non possa intonare con una voce ingolata
quelli brillante romanzi
alla gloria della patria!
¡Chè peccato
che io non abbia  una patria!
So che la storia è la stessa, la stessa sempre,
che passa
di una terra ad altra terra, da una raza
ad altra raza,
come passano
quelle tormente di estío da questa a quella comarca.
¡Chè peccato
che io non abbia comarca,
patria patra, terra provinciana!
Dove nascere nelle viscere
della estepa castellana
e fui a nascere in un popolo dal quale non ricordo niente;
passai i giorni azzurri della mia  infanzia in Salamanca,
e mia gioventu, una  gioventù ombrosa, nella Montagna.
Dopo... gia non ho tornato a tirare ancla,
e nessuna di queste terre mi alzano
ne mi essalta
per poter cantare sempre nello stesso tono
allo stesso fiume che passa
ruotando la stessa acqua,
allo stesso cielo, allo stesso campo e nella stessa casa.
¡Chè peccato
che io non ho una casa!,
una casa solare e blasonada,
una casa
in cui guardara, al di là di altre cose rare,
una poltrona vecchia di cuoio , una  tavola distrutta
e il  retratto di un mio nenno che  vincè
una bataglia.
¡Chè peccato
che peccato che io non abbia un nonno che  vincesse
una bataglia,
ritrattato con una mano  incrociata
sul petto, e l’altra mano nel pugno della spata!
E, ¡chè peccato
che io non abbia ne meno una spata!
Perche... ¿cosa vado a cantare se non ho ne una patria,
ne una terra provinciana,
ne una casa
solare y blasonada,
ne il retratto di un nonno che vincesse
una bataglia,
ne una poltrona vecchia di cuoio, ne una  tavola, ne una spata?
¡Cosa vado a cantare se sono un paria
che appena ha  una cappa!
Pur troppo...
       in questa terra di Spagna
e in un popolo della Alcarria
cè una casa
nella quale stò di albergo
e dove ho, prestate,
un tavolo di pinoed una sedia di paglia.

Un libro ho anche. E tutta mia robba si trova
in una sala
molto amplia
e molto bianca
che stà nella parte più bassa
e più fresca della casa.
Tiene una luce  molto chiara
questa sala
così grande
e così bianca...
Una luce molto chiara
che entra per una  finestra
che da ad una strada molto larga
e alla luce di questa finestra
vengo tutte le mattine.
Quí mi siedo  su una sedia di paglia
e vinco le ore lunghe
leggendo nel mio libro e vedendo cóme passa
la gente attraverso della finestra.
Cose di poca importanza
sembrano un libro e il cristallo di una finestra
in un popolo della Alcarria,
e, pur troppo, li basta
per sentire tutto il  ritmo della vita a mia anima.
Che tutto il ritmo del mondo per questi cristalli passano
quando passano
quel pastore che va dietro delle capre
con una enorme cayada,
quella donna pessante
con una carica
di legna sulle spalle,
quelli mendichi che vengono trascinando sue miserie, di Pastrana,
e quella bimba che va alla scuola di mal’umore .
¡Oh,quella bimba! Fa un alto nella mia finestra
sempre e rimane ai cristalli pegata
come se fosse una stampa.
¡Ché grazia
tiene suo viso
nel cristallo  schiatata
con il mento e il nasetto chiatto !
Io  rido molto guardandola
e gli dico che è una bambina molto bella ...

Ella,allora , mi chiama ¡sciocco!,e se ne va.
¡Povera bambina! E non passa
per questa strada troppo larga
camminando  verso la scuola di mal’uomore,
ne si ferma
nella mia finestra,
ne rimane nei cristalli appogiata
come se fosse una stampa.
Che un giorno si tornò mala,
molto mala,
e altro giorno suonarono per lei e morta le campane .

E un pomeriggio molto chiaro,
per questa strada così larga,
a traverso della finestra,
vide cómo  la portavano
in una cassa
molto bianca...
In una cassa
molto bianca
che teneca  un cristallettonella coperta.
Per quel cristallo se gli vedeva il viso
lo stesso che quando stava
vicino al cristallo della mia finestra...
Al cristallo di questa finestra
che adesso mi ricorda sempre il cristalletto di quella cassa
tanto bianca.
Tutto il ritmo della vita passa
per questo cristallo della mia finestra...
¡E la morte passa anche!
 

¡Che peccato
che non potendo cantarealtre vicende,
perche non ho  una patria,
ne una terra provinciana,
ne una casa
solare e blasonada,
ne il retratto di un mio  nonno che vincesse
una bataglia,
ne una poltrona vecchia di cuoio, ne una tavola, ne una spata,
e sono un paria
che appena ha una cappa...
venga, forzato, a cantare cose di poca importanza!

 

AUTORETRATTO di León Felipe nella voce di Miguel Oscar Menassa

 

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