Ascolto come se suonassero sirene,donne e mari. Una combinazione
quasi perfetta, se non fosse perche gli odori del mare mi ricordano la morte.
Nel mare succedevano molte cose e dio ne anche mi rendevo conto
che succedevano
Vicino della parola mare, naque mio padre.
A mia madre, nelle state, quando lui viveva, li piaceva
chiamarsi Ángela del mare. E si lasciava bruciare peri l sole come se ogni
state fosse l’ultimo incontro e, di quella maniera, li restava il mare stampato
nel corpo tutto l’anno e lui cadeva al suo fianco di notte morto e rinasceva
ogni volta nel contrasto con su apelle marina, nel ricordo di quella altra
pelle, sua madre, di fronte al mare.
Quando scappai per prima volta di casa di miei genitori, fui al
mare e gridava come un ciucio quando il sole usciva alla mattina e mi tendeva
su la sabbia dispuesto a sopportare qualsiese incomodità, qualsiese disturbo,
malgrado il mio corpo prendesse i colori del mare e , in ritorno, lui mi
confondessi con lei e mi amasse.
Dopo, quando una donna si è seduta al mio fianco, dovè
aspettare portarla al mare per dirli che la amava.
Arrivai a pensare in quella specie di delirio marino, sensitivo,
con tutto lo marino, lo celeste, lo azzurro, che il mare aveva capacità
antirreumatica. Quando non sapècosa fare con tanta libertà, la butai al mare.
Dopo, attaccai il mare ad un verso e affucai al mare.
Quel giorno rimanè triste come mai. Senza mare, la vita
aveva perso suo senso, senza mare, cio’è, senza padre e senza madre, tutto
sarebbe più diffícile.
Io, per fine, aveva nato e niente del mare, io era un uomo di
città; il mare, una parola.
POESÍA,
LETTERE D’AMORE, PSICANÁLISI,
¿EROTISMO O PORNOGRAFÍA?
QUALCOSA DI POLÍTICA O RACCOLTA DI SPAZATURA
E LETTERA DEL DIRETTORE
Il RE DI HARLEM
Con una cucchiaia di legno
li strappava gli occhi a i cocodrilli
e prendeva a colpi il culo degli scimie. Con una cucchiaia di legno.
Fuoco di sempre dormíva nei pedernali
e gli scaravaghi ubriachi di anis
dimeticavano il musgodei popoli.
Aquel vecchio coperto di seta
andava al sito dove piagevano i neri
mentre suonava la cucchiara dil re
e arrivavano le bombole di acqua potrita .
Le rose fugivano per i fili
delle ultime curve del aria
e nelle monti di azafrán
i bambini prendevano a colpi le piccole ardille
con un rubore di frenesí macchiato.
È preciso attraversare i ponti
e arrivare al rumore nero
cosi che il profumo del pulmone
ci pesta la testa con su vestito
de bruciante pigna.
È preciso ammazzare al biondo venditore di
aguardiente,
a tutti gli amici del cualtiere e la sabbia ;
ed è necessario dare con i pugni chiusi
alle piccole fagioli che tremano piene di bombole
per che il re di Harlem canti con sua gente
per che i cocodrilli dormano in lunghe file,
sotto l’amianto della luna,
e per che nessuno dubbi la infinita belleza
dei spazzapolvere, le granttaformagio, e le pentole
delle cucine.
¡Ay Harlem! ¡Ay Harlem! ¡Ay Harlem! Non che angoscia comparabile a tuoi occhi opprese,
a tu osangue fremito dentro tuo eclisse oscuro
a tua violenza granate, sordomuta nella penombra,
a tuo grande re prigioniero in un vestito di portinaio.
Aveva la notte una spaccatura e quiete salamandre d
marfil.
Le ragazze americane
portavano bimbi e monete nel ventre
e i ragazzi svanivano nella croce dello sdraio.
Loro sono. Loro sono quelli che bevono il whisky di argento
insieme a i
vulcani e inghiottano pezzettini di cuore per le gelate
montagne del orso.
Quella notte il re di Harlem,
con una durísima cucchiaia,
li strappava gli occhi a i cocodrilli
e menava il sedere delle scimie . Con una durísima cucchiaia.
I neri piangevano confusi
tra ombrelle e soli d’oro;
los mulati stiravano gomme, ansiosi di arrivare al petto
bianco,
e il vento impagnava specchi
e rompeva le vene dei ballerini.
¡Neri! ¡Neri! ¡Neri! ¡Neri! Il sangue non ha porte in vostra notte bocca al cielo.
Non cè rubore. Sangue furiosa sotto le pelle,
viva nella spina del pugnale e nel petto dei paesagi,
sotto le pinse e le rame dl la celeste luna di cancro.
Sangue che cercaa per mille strade morte infarinati
e cenere di nardo,
cielo morti, in declive, dove le colonie di pianeti
scivolanno per le spiage, con gli oggetti abandonati.
Sangue che guarda lenta con il mirino del occhio,
fatta di sparti spremuti, nétar di sottoterra. Sangue che rugida al alisio abandonato in una
tracia
e scioglie alle farfalle nei cristalli della finestra.
È il sangue che viene, che verrà
per i tetti e le logie, da per tutto,
per bruciare la clorofila delle donne bionde,
per gemire al piede dei letti, ante l’insonnio dei
lavatori
e stamparsi in una aurora di tabacco e sotto giallo.
¡Si debe fugire!
fugire per le angoli della strada e chiudersi negli ultimi piani,
perche il tuétano del bosco penetrará per qualche buchino
per lasciare in vostra carne una leve traccia del eclisse
e una falsa tristeza de guante sbiadito e rosa chímica.
E peri l silenzio sapientísimo
quando i cuochi e i camerieri e quelli che pulizano
con la lingua
le ferite dei migliardari
cercano al re per le strade o nelle angoli del salitre.
Un vento sud di legno oblicuo nel nero fango
sputa alle barche rotte e si inchioda puntine nelle spalle
Un vento sud che porta
denti, girasoli, alfabeti,
e una pila di Volta con avispe afocati.
La dimenticanza stava espresa per tre gotte di
inchiostro su
il monóculo.
L’amore, per un solo viso invisibile a fior di pietra.
Médule e corole componevano su le nuvole
un deserto di tagli, senza una sola rosa.
Alla sinistra, alla destra, per il Sud e per il Nord,
si alza il muro
per il topo e l’ago del’acqua.
Non cercati, neri, sua spacatura
per trovare la máscara infinita.
Cerca il grande sole del centro
fatti una botta che mormora.
Il sole che si scivola per i boschi
sicuro di non incontrare una ninfa.
Il sole che distruge númeri e non ha attraversato mai
un sogno,
il tatuato sole che scende per il fiume
e muge seguito di caimani.
¡Neri! ¡Neri! ¡Neri! ¡Neri!
Mai serpente, ne cebra, ne mula,
impalidirono al morire.
Il legnatore non sa quando espirano
i clamorosi alberi che taglia.
Aspettate sotto l’ombra vegetale di vostro re
a che cicute e cardi e ortighe turbano postrere logie.
Allora, neri, allora, allora,
potrete baciare con frenesì le ruote delle biciclette,
mettere coppie di microscopi nelle buchi delle
ardille
e aballare alla fine senza dubbi, mentre i fiori
assasinano a nostro Moisés quasi nelle erbe del cielo.
¡Ay, Harlem mascherata! ¡Ay, Harlem, minaciata per tanta gente di vestito senza
testa!
Mi arriva tuo rumore,
mi arriva tuo rumore attraversando legni e accensori a traverso di lámine grigi
dove nuotano i tuoi automobbili coperti di denti,
attraverso dei cavalli morti e i crimini diminuti,
attraverso di tuo grande re disperato
la cui barba arriva al mare.
“UN’APPUNTAMENTO CON LA PAROLA”
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