A me mi
piaceva
arrivare del lavoro
mettermi nudo
e cantare un tango.
Un tango di cose
che non cantaba nessuno
io stesso inventaba
nei pomeriggi quando arrivava
quasi morto dil lavoro
e mi metteva a cantare.
A me mi piaceva
cantare nei pomeriggi
con la finestra aperta
un tango .
Parlava del uomo
cadendo e alzandosi
e la donna contadina
e la puttana anche.
Alcune donne,
può darsi, indifferenti,
aspettano che un uomo
gli dia amore e pane.
Non sanno le stronze
che l’uomo già è morto
facendo la guerra
ammazzando ai rivali.
Così che adesso ti tocca
ragazza arrebolera
alzarti la gonna
e metterti a lavorare.
E se qulche uomo arriva
triste e testa bassa
ferito di guerra
lo dovrai curare.
POESÍA, LETTERE D’AMORE, PSICANALISI,
¿EROTISMO O PORNOGRAFÍA?
QUALCOSA DI POLÍTICA O RACCOLTA DI SPAZZATURA
E LETTERA DEL DIRETTORE
L’UOMO E IO
22
E, a
volte,
sono la donna seminatora
di tutte mie disgrazie,
di tutti i miei fallimenti.
Voglio che qualcuno mi ami
pero non voglio amare,
voglio vivere come una regina
pero non ho re
e quando mi impoverisco
per aver creduto
avere quello che non aveva
e non teneva nessuno,
voglio che il mondo tutto,
sostenga mia pazzia
che è, precisamente,
vivere sola nel mondo
e quando il mio amato
venga a domandarmi
cosa fece
con nostro amore grandioso
io li dirò: non mi sono accorta,
non mi sono accorta
che il nostro era amore,
non mi sono accorta
che le piante si abiveranno,
non mi sono accorta
che un bambino necessita
il calore di una pelle
ed essere amamantato.
Non mi sono accorta
che l’amore non essiste
almeno che lo facciamo
Non mi sono accorta,
e questo il più terribile,
che nostra poesía
era poesía.
E avè invidia
di tutto quello che cresceva
e avè giorni terribili,
disconcertanti,
dove arrivai ad invidiare
il crescimento
di tuoi bianchi capelli,
di tue unghie.
E, dopo, tue panni,
tua eleganza al parlare
la maniera
in che altre donne ti salutavano,
il modo libertario di utilizare il denaro
che guadagnavi nelle tue ore di lavoro.
Tutto mi sembrava indegno per me.
Quando mi davi un po’ di denaro
che, per altra parte, mai fu tanto,
lo buttava
e quel giorno rimaneva senza mangiare
pero mie mani rimanevano pulite.
E quando godeva
sessualmente nella tua presenza,
mi mutilava,
innombrava il mio cervello,
in vece di godere
diventava gelosa e delirava.
Ti persegueva,
mi salivano grani nel culo
per che ti virgognassi
di
quello che avevi fatto.
Qualsiesi ditaglio senza importanza
nella cucina
o nel bagno
o sotto il tavolino di notte
o una fotografía antica
dove sorridevi,
tutto lo utilizava
per ostigarti con miei deliri
e, a dire la verità, mi piaceva,
mi faceva godere
vederti furioso con mie cose
anche
se sempre ho avuto paura
che un giorno mi ammazzassi
io godeva con quello:
farte arrabbiare.
Una allegría profonda, mai vista,
invadeva mio essere quando mie parole
rompevano il pedestallo che ti sosteneva
e tú, cadevi, umanamente parlando,
nella mia bocca e quello,
era per me, tutto l’amore.
Uomo di me,
donna di me,
bambini e anziani di me,
vita e morte di me,
vi convoco al poema.
Il poema è, anche,
l’aria che corre.
La vita piena
mai è il poema
pero la corteza
dura di un ricordo
che si rompe
al parlare e si scioglie
è poesía
se la lascio fluire
come una assenza,
come una voce sonora
che mai fu.
E al albegiare
è poesía quando il sole
sorge dei seni
ardenti dii mia amata
e fino a i seni
della amata notturna sono poesía
quando sua nudeza
intracroce lo umano e lo divino.
CONCERTO
INDIANI GRIGI IN
“FIEBRE Q”
Sabato 8 Ottobre di 2005 alle 22:30 ore C/ Bretón de los
Herreros, nº 29
Metro: Alonso Cano (Línea 7)
Río Rosas (Línea 1)