Rivista settimanale per Internet Indio Grigio
Nº 237. ANNO 2005 GIOVEDÌ 24
FEBBRAIO

 

UNE - DIRIGE - ESCREVE E CORRESPONDE: MENASSA 2005

NÃO SABEMOS FALAR, MAS O FAZEMOS EM VÁRIOS IDIOMAS
CASTELHANO, FRANCÊS, INGLÊS, ALEMÃO
ÁRABE, PORTUGUÊS, ITALIANO E CATALÃO

INDIO GRIGIO È  PRODOTTO
DI UNA FUSIÓNE
IL BRILLO DELLA COSA GRIGIA
E
L’INDIO DEL JARAMA
LA FUSIÓNE CON PIÙ FUTURO DEL SECOLO
XXI

Índio Gris


INDIO GRIGIO Nº 237

ANO V

  "Per prevenire l’infarto:
MARIHUANA SENZA ALCOHOL"

POESÍA, LETTERE D’AMORE, PSICANALISI,
¿EROTISMO O PORNOGRAFÍA?
QUALCOSA DI POLÍTICA O RACCOLTA DI SPAZZATURA
E LETTERA DEL DIRETTORE

"¿COSA VUOL DIRE: "IO SONO UN UOMO"
QUANDO SONO IO  CHI PARLA?"

V

Uomini di me,  donne di me
bambini e anziani di me
vi convoco al poema.
E il poema è, anche, l‘aria che corre.
La vita piena,  mai è il poema
pero la corteza dura di un ricordo
che si rompe al parlare e si scioglie
è poesía
se la lascio fluire come una assenza,
come una voce suonora che mai fu.
E l’albegiare è  poesía quando il sole
sorge dei  seni ardenti di mia amata
e anche i seni della amata notturna sono poesía
quando sua nudeza intrelacia lo umano e lo divino.
Sesso di fuoco che si fu facendo acqua,
actua molida a pali che si fu facendo amore.
Ancora  la poesía  ha el dono
di combinare, allegremente, lo bello con lo brutto,
lo morto con lo vivo, il dolore con la risa,
il cuore ardiente di una notte di festa
con la serpente alata che non può morire.
La poesía è capace di combinare l’astro sole
con la suberbia di una candela spenta
e quando tutto  buia il mondo  dice morte
pero la inaudita poesía può combinare
oscurità con nascimento,
notte chiusa con  l’incomincio dil ballo
e nero, neríssimo, moltonero
con rosso carmesí, sesso e  follia
e se qualcuno ci arrivassi a dire
che  cè qualcosa più  nera che il nero,
io li dirò mio amore, mia poesía,
la morte dello nero non è la morte,
è un’epoca senza luce, è il Goya.

"¿Cosa vuol dire: "Io sono un uomo"
quando sono io  chi parla? V"

VI

E viverono dentro di me, uomini codardi
donni timorati, anziani vinti,
bimbi senza crescere,Giovanni distrutti.
Uomini dove  essere codardo arribaba fino al ridícolo,
si trasformavano in  carcerati della sua propria agonía,
avevano paura di impoverirsi e  impoverivano,
avevano paura di essere abbandonati ed erano abbandonati
avevano paura di camminare, di correre, di volare,
anche di scrivere e di morire avevano paura
e sempreavevano raggione in tutto:
morirono senza  arrivare a scrivere ne leggere niente,
poveri, abbandonati, tale come viverono,
tremando, pieni di paura, immobili.

Donne che preferivano il castigo alla libertà.
Anziani che speravano essere curati
per suoi esseri amati.
Bimbi che, sie sua mamma
non  gli dava da manggiare nella bocca,
non  manggiavano.
Giovani che si  mutilavano
per essere saggi  prima di tempo.

Uomini e donne vivevano in me,
amanti degli oggetti inanimati.

Per certe  donne ci sono finestre,
pomeriggi di state, ricordi infantili,
sete naturale e rifreschi,
più importanti che suo uomo amato.
Per certi uomini suoi denari
alcuna pietra ornamentale, alcuni distintivi,
sono  più  importanti che sua moglie non amata.

Io sono il professore di matemática  che non sa’ sommare,
la luce straziante di un raggio, vinto, senza tormenta,
il porvenire senza uomini, l’amore senza donna,
il cielo talmente azzurro e senza stelle, spento.

Sono,  allo stesso tempo,
quello che rimane
e quel niente che rimane.
La risa del  disgraziato
e un corpo abbandonato.
Lo stesso disgraziato piangendo  ,
disperatamente, al  rendersi conto
che il corpo abbandonato è sua madre.

E la donna che piange tutto il tempo,
perche  vuole benedire la terra con suo  pianto
e vuole  benedire  tutte le carte scritte
con suo pianto.
E piange senza fermarsi,
neve o memoria
e tanto supervo il pianto
che arriva fino al  orgasmo.
Pianto stonato, allora ,
lacrime  saltando con fervore,
muscoli  intostativicino allo scoppiare,
sangue marcando il compasso
a velocità supersoniche.
Carne e spazzatura, símbolo e cielo
scoppiando al unísono,
senza che nessuno possa  costatarlo.
Ne lei stessa è capace di dire:
lácrima o sogno,  bombola o realtà,
perfetto manantiale che fluisce permanente
o gocceo interminabile di un grifo imperfetto,
che senza saper   niente dell’acqua la ritiene
como mi passa a me con la donna, a volta,
senza sapere niente di lei  voglio che sia mía,
senza conoceré i segreti della sua pelle,
voglio che il  godere nasca  in lei
facendo  la smorfia di accarezarla
e  Lei quella che nessuno potè conoscerla,
ne anche trattandosi di  Dio o il vento
decide che il cantore ha di tenere sua presa
e  Lei stessa si offre  quale lepre innotizata
e intrega sua  testa  per che si la tagli
e in quel gesto  Lei è San  Giovanni Battista
e io sono la puttana che balla e assassina.

"¿Cosa vuol dire: "Io sono un uomo"
quando sono io  chi parla?VI"

                                                         Indio Grigio

 


 

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