Tutto poeta
e cosí avrò di chiamarmi di adesso in più
deve scrivere –prima o poi -
sua lettera del’addio.
Pretendo tutto quello che sia
possibile
nel percorso verso lo inefabile,
lo inefabile in sè, non mi interessa.
Sono quello che si dice un
camminante, un vecchio marino.
Dei porti,
sólo tenui fraganze,
sólo il colore maturo delle fragole.
Mia vita stá nel mare,
nelle distanze,
nelle loltane ombre della notte.
Alghe marine e serene luci di
ultramare, guídano mio destino.
Tutta volontà sará deliberata o
non sará.
E avrá chi cerchi disperatamente il manto d’oro,
le lettere del’origene.
Avrá chi ammazzi e chi benedica l’inquietante mormoreo dil ricordo.
Adoratrici dil sole,
atleti delle dimenticanze,
burdi incantatori di serpenti
Abomino di tutte mie pertenenze.
Lascio il niente.
La violenza di un gesto impercettibile,
dove la pazzia,
la vera pazzia,
è ancora l’una speranza.
Faccio un taglio feroce su la
terra.
Divido il mondo in due.
Per sapere da piccolo e da pazzo
odorava gli cercando quel odore.
Serpente adolescente ricupero tua pelle.,
per essere tanto solo contro il tempo mio tempo.
Rubbava delle notte sogni e fiori neri.
Opachi madri spaccando suoi sessi
tra la allegria e i
colori
della parola puttna.
Lei era l’autunno.
Suoi frutti secchi suo colore marrone,
suo freddo intratagliato per il sole
parole del passato.
Dormiva bene
mangiava mio pezzo di pane
e amava di le
i risplandori.
Suo corpo contro mio corpo
tutto lo primordiale.
Sue umidità contro il dolore della vigilia.
Ricordo suoi minne in mio proprio battere
rotondi come tutta la neve
come la bianca neve universale,
sue minne
alte fraganze nei miei occhi. Odore degli odori.
Cercai,
con tutta la impietà della follia
tue minne nella terra.
Ed inogni fiore, e in ogni uomo
e in ogni lettera dei miei versi,
cercai,
tuoi occhi nella terra.
Sapè del tempo dei spezzati pétali
tra le mani.
E fu impossibile essere.
Dil vecchio amore
dil desenfado del mio corpo
su tuo basso ventre ,
sólomi rimangono nelle mani,
pezzi
incontri con la morte.
In mie piccoli orecchie mal feriti
il ronroneo, di tua voce, la vociferazione di tuoi incanti
tra mie gambe. Lingue di fuoco
tua voce, tuo canto amabile, tuo niente misterioso.
E fui per sempre, tuo dio
il re di tuoi urlate
il omnipresente legislatore di tue bestemie.
Tuo poeta inmortale.
La ferita nel tuo sguardo, per sempre.
Bibitore insasiabile, pieno di sete
pieno di rabia e di lussuria, bevè tutto tuo sangue,
tuo umbriacatore latte, bevè, tutto il dolore.
Tuoi líquidi orgánici,
tue carni strappati con miei denti
non bastarono.
Mia sete era insasiabile.
Era una sete di tempi, di parole.
Il sole che io cercavo era un’altro sole
ne fiamme, ne fulgori, ne scure carezze su mia pelle.
Il suono del sole, il scoppiare dil suono del sole.
Il nome di tuo corpo.
Poesía, lo sò, mentre ti scrivo,
lascio di vivere.
Intrego, mansamente, mie illusioni,
mie poveri peccati proletari,
mii vizi borghesi e, anche,
primo di penetrare tuo corpo,
tapiz innamorato-
abbandono mio modo di vivere,
miserie,
pazzie,
profonde passioni neri,
mia maniera di essere.
Vuoto delle mie cose,
abanderato dil niente,
trasparente di tanta solitudine,
invissibile ye aperto,
permeabile a i misteri di sua voce,
intento,
traccio suonoro su la pelle dil mondo
la pelle della morte
la pelle di tutte le cose.
Poesía, su tua pelle, tracce suonori,
pezzetti apassionati,
imborrabile tracce del mio nome.
Lei è felice pero non può
sorrídere.
Clínica Odontológica
GRUPPO ZERO
¡CONSULTATECI!
TEL. 91 548 01 65
PSICANALISI
DOPO DELLA MORTE
Nel rifugio della notte
la vita si trascina levemente
Tanto supervo
tanto spettacolare era il poema tra le ombre
ch non mi abbasterà per scriverlo,
ne la mattina,ne la notte,
ne il resto della mia vita.
Navego come navegano i grandi naveganti
a occhi chiusi
con il polso detenuto per la emozione di
ogni istante
odorando terra ferma in tutti le
direzzioni
e così,
un’altra volta il mare e il profondo
cielo permante.
Venti profumati
e pesci impazziti per la fame,festegianno
la inminenza di un nuovo fallimento.
Nessuno avrà di morire in quella
dimenticanza
sorgo più forti,
per l’odio di seguire cercando,
imprecazioni y bestemie
Capitáno del astío,
sempre cercando terra ferma,
sempre incontrando aperti mari e profumi,
chiusi oceani.
Con la superva di un uomo incatenato
e libero,
un giorno finirò gridando tra tuoi bracci:
io ammazzai Dio, voglio la ricompensa
e, sicuramente, qualcuno mi dará 30 denari
e mia pazzia seguirá avanzando su tutto.
Viene del sud, diranno, è uno disaforato.
Anguilla scivolante e vorace,
eléttrico profumo tra le natiche,
parole smesurate, è il poeta.
Vengo per che con me muoia l’último.
Al di là dil niente incomincia il mio cammino.
Un uomo è ad altro uomo, suo poeta e
l’Altro.
Olímpico destino e, alla volta,
embalsamata furia detenuta.
Contraste primordiale tra mio essere e il mondo.
Un uomo è ad altro uomo, suo sguardo e il
cielo.
Colomba messagera e, alla volta,
nostálgico assasino tra le ombre.
Intratagliato canto popolato di silenzi.
Un uomo è ad altro uomo, la morte e suo
miracolo.
Intento arrancar la venda dei miei occhi,
dono duri pugni nel proprio centro del timone
per deviare il rumbo e non cè niente.
Fumo sigari e bevo alcol forte.
Disegno tra gli occhi della donna che amo,
la posibilita di un nuovo percorso,
e di fronte a quello sguardo meravigliata per mio terrore
rompo il sestante e la piccola bussola marina,
en el cuore pieno della nebia
-nel inizio di questo nuovo finale-
butto come se fosse spazzatura
miei ultimi ricordi al mare
e bacio tue labbra.
Terra firme
e nostro barco sitorce tra le onde,
movimenti disperati a punto di naufragare,
sono il movimento di nostri corpi.
Babe e latte
si confondono con il torrente di acque maríttime
e alghe
e brillanti moluschi come perle,
sacrificati a un dio.
Mare aperto
e nostro barco incrocia
nelle affebrate battiti dil tuo cuore,
tambore tra le legere mormorie della selva.
Indómito
-selvagio annidando nella maleza-,
strappo tuo sesso della terra, violini della musica,
movimenti come pugnali inchiodandosi nel cielo.
Prima di incominciare mio nuovo cammino,
tratto di segnalizare il punto di partenza.
Parto da dove l’uomo lotta,
negli bracci sanguinanti del niente.
Io sono quel uomo,
mordente per la vita umana a tradimento,
assorto nel sciocco ritmo del’orologio,
impazito per il palpitante rumore delle macchine,
ombrato per la lussuria degli dei asassini
-uomini solitari e, anche, uomini abbitati-,
e, purtroppo, dono mio primo passo.
Piccolo passo,
non inizio veloce carrieraverso le tenebre,
perche sono un uomo atemorizato,
che gia non sa’ se suo prossimo passo
sará marca o livello di altri passi umani
o la strada senza uscita di sua morte.
nei passi seguenti mi disorienta
vedere mio nome nel nome delle strade,
indicando la direzione desiderata.
Brutale incontro con me stesso e seguo andando,
perche seguire andando verso altro scoprimento ogni volta,
dopo dei primi passi si fa abbitudine.
E, purtroppo, uno anche si dice: quí mi fermerò.
Dietro di me , sólo montagne,
e seminerò quella terra,
e attraerò col mio canto l’acqua della pioggia
per che tutto fiorisca e si riproduca
e lo femminile sia legge del’amore,
mela delirante senza peccato,
e in quel paradiso vivirò, tranquillamente, un tempo.
Dopo alcún umano abitante dil niente di Dio
intentará colonizarmi e ne anche avrá guerra.
Quando si sechino i fiori,
quando si putrano definitivamente i frutti,
perche gia non cè amore in suo curare,
darò altro passo in più,
piccolo passo conmosso come quel primo passo,
e cosí, sicuramente, vedrò diversi orizonti,
e cosí, sicuramente, un giorno, morirò camminando
e niente succederá,
perche i violenti profumi del mio corpo,
quando cammino, sono mie proprie parole
e cosí, vedo mio nome volando in quel odore allucinato,
al di là di mia morte,
camminando.
Praticar il
francese a Madrid
CORSI INTENSIVI Tel. 91
542 42 85. Dalle 8 alle 22 ore
TUTTO L’ANNO
www.aulacero.com
aulacero@retemail.es
CONSULTA GRUPPO
ZERO
TRATTAMENTO DI COPIE
LABORATORIO DI SAGGIO
Miguel Martínez
Fondón
Psicanalista
Coordinatore:
Juan Carlos De Brasi
Chiedere ora: 91 682 18 95
GETAFE (MADRID)
91 547 56 64 (MADRID)
QUALCOSA DI POLÍTICA O RACCOLTA DI SPAZZATURA
LA PATRIA DEL
POETA
I
Voluttuosa semina, quí mi fermo
e crescerò e, quí, farò radici
e avrò piccoli che, allo stesso tempo,
avranno altri piccoli.
Decreto alla risecca meseta castellana,
la patria del poeta.
Straperò profumi delle tue rocce,
come dei fiori della stazione del sud,
e qualcuno dirá:
prima dei colori del poeta,
tu,
eri grigio.
Ed io ricorderò:
averti pintato le labbra col mio nome.
Sul verde aroma del limone,
-cavallo degli astri-.
Indio di luce,
cobre rasgato per l’ossigeno vitale,
mia poesía,
pulmone del’universo.
Líquenes sienagosi
e zaini rimpieni di mele,
detenute nel tempo dei frescore.
Inmensità,
verde infinito,
sesgo del sole,
tra i cigli dil profondo mare,
atlántico silvestre.
Non vedi che sono chi vi saluta,
di al di là delle più alte cime,
al di là degli oscuri cieli di Dio;
dalla profonda galaxia dello verde.
Meteórica expansione del’arcobaleno,
sono un colore che gia non tiene,
il bianco,
della piccola purezza immacolata,
ne il manto nero della morte,
disolata,
ne gli occhi sanguianti del rubí.
Sono del celeste cosmo e dil sole,
la conjunzione marítima e alata.
Mia voce,
è il rasguido della chitarra astrale.
Mio canto,
è il suono guturale del tempo.
Canto e scoppioogni volta,
e ogni volta,
mi desintegro.
Perdo mio essere tra frammenti
e nel quel vuoto di niente e di colore,
perche gia non sarò,
percorro gli spazi infiniti,
montato in verde luce,
pradera dei cieli
Pampa,
tenduta nelle altezze.
A poco a poco
che mi avvicino ai settanta anni
comprendo con lussuria che sto un po solo.
I Giovanni che crescono tutto il tempo
e gli adulti che hanno problemi di denaro
e le belle donne che viviranno al mio fianco,
fino a che la morte, in verità, ci separi,
stanno molto occupati con le sue cose
con sua propria vecchiaia che li viene a dosso
senza prisa pero senza nessún ricato.
Così che te lo
dico, ai settanta anni,
riuscirò rimanere solo,
senza cinte d’amore e di dolore,
solo, attacato al mondo che mi tocca vivere
per parole, per versi, un po’ di musica
alcún colore disperato con luce propria.
Pensando cosí, la verità, amore mío
¿a chì non gli piacerebbe inveccciare?
A me, mi disse
lei, a me
non mi piacerebbe invecchiare ne sola
ne male acommpagnata e giapiù di mille volte,
ti disse, amato mío, cge invecchiare le piante,
i mobili, il pavimento, le armi di guerra
pero la donna, il sesso e la allegría non invecchiano.
L’ho sentito
tanto sicuura che arrivai a pensare
che lei, di alcun modo, mi diceva:
Potranno invecchiare fino a tuoi versi
pero nostro amore, caro, non invecchierá,
quí sto io, per sostenerlo,
ed era tanto bella quando lo diceva
che io la vide dea e nuda,
nuda e coragiosa tutta per me
e lí fu quando non avè
paura di invecchiare o di morire.
Lei mi parlò
del mare e io lo capí tutto:
sua carne splendorosa sarebbe la guarida
della mia vita carnale e mia parola
e sua carne, sin límites, del deseo,
la pulsión smesurata del mio canto,
sará tomba d’amore per miei ossa.
Parola contro
pietra, pietra contro parola
si scrivirá una storia, ta può darsi vez, d’amore.
Oggi due
amantei muoiono e, alla volta,
perduranno in un verso d’amore
dove la morte attaccata per parole
unite tra di sè al sole,
occupata, con qualche innocenza,
delle sue cose,ci lascerà
vivere un giorno di più, un amore in più,
ci lascerà finire questo poema.
E, dopo, disse
lei rassegnata,
la morte perseguirá a gli amanti
fino ad ragiungerli e qualcosa gli dirà ,
qualcosa gli dirà, ripetè lei, interrogandomi.
Bene, gli
disse io, tranquilizandola,
se si tratta di noi due
la morte non direbbe niente.
Si resterebbe muta, pálida di dolore,
per tenere che ammazzare tanta bellezza.
Peroalcùn
giorno, uguale, lo fará
insistè lei, ostinata e ombrata
ed io, maschio e cantore,
senza rendermi conto dei miei anni
li disse tutta la verità:
Abbiamo come
cento anni, amore mío,
qualche giorno verrà.