A miei amici,
gli únici poeti di questo secolo,
una speciale dedica:
Amigos,
NON VA PIÙ,
si tratta
semplicemente di scrivere
un verso in più che loro .
L’ Último,
che dica:
cosí deve essere,
tutto il contrario.
EDITRICE - 2
Passarono cinque secoli
e tutto
fu verità.
I vuotatori di viscere,
i violatori di sarcófaggi
arrivarono con sue bombe
al centro della terra.
Volevano conquistare tutto
e tenevano
una smisurata passione
–perversa-
per gli incontri virginali.
Amare,
amano per sopra tutto
la biancura,
la asepsia,
una specie di sordo capricio
in costruire
muraglie infrancheabili,
in organizare nostri sensi
ed, ancora,
chiare arguzie,
modelli incantati,
rutilanti titolari nei giornali,
per vedere
se è possibile
che deviemo lo sguardo.
Non ci lasciano vivire.
Solo precisanno
che non abbiamo fame,
¡tánta!
e per nostro desiderio
le reliquie,
le torpe fiere intontiti per la vecchiaia,
i desperdizi,
in fine,
per noi,
PANE E CIRCO.
La tiepida e melancolica
abitudine dei popoli bárbari.
Quando tutti aspettavano mia sparizione, sparisco.
Sono il perffetto incanto della poesía a tutto confort.
Un buitre almacenando sua propria carrogna.
Una tristeza impiccolita per il logro del essere.
A cielo aperto, tocco questa nota disperata: Amo e sono amato.
Quando lei mi relata cóme la amo,
devo riconoscere essere l’único capace
di farlo di questa maniera.
Amata ostinata,
terca serpente solitaria attaccata alla mia gola.
Ti piango, ti faccio a pezzi nei miei occhi.
Ho conme quella crudeltà che tanto ambisti.
Fui quel delirio aperto dove capeva perfettamente tuo soriso.
E ci baciammo le gambe con tenerezza,
perche le rane cantavano allegremente un porvenire inesperato.
Torno ad incontrarti,
sempre torno ad incontrarte quando apro mia bocca,
quando lascio per mia bocca che si scivoli aparatosamente tuo sguardo.
Éravamo piccoli dei e, anche, piccoli diavoli sanguinanti.
Una mischiatura di servitù e libertà, entrambi inconcepibili.
Come un buco vuoto in pieno mare.
Come un silenzioso chiamata a morte.
Fischio proveniente dil mare.
Sognai,
mi attaccai ai bracci della morte
e tuo corpo non lasciava di chiamare mia attenzione.
La freddeza del mio corpo risultava inquietante.
Solevi dirmi:
amore, amore, il freddo è nostro sogno,
la morte, la morte, la morte
nostra compagna inseparabile,
amore, amore, il tempo su di noi si fará vendetta,
degli grossi uomini delle nevicate terre del odio.
Mi incanta scrivere,
un rumore come di cento mila cannoni
emparentati
con lo più potente dello umano,
il resto, tutto il resto,
fucili potriti per il tempo.
Fui il
cantore dei cantori,
viví,
cinque mila anni.
Fui tutto quello che murì
con la gran bomba.
Gli matassi dei sogni,
sparati per le partícelle,
-orrori delle metaliche trasformazioni-
e la splendida e portentosa
scupidera atómica.
La cacata finale.
Sono, per último,
e questa volta
chiedo perdono per la violenza,
il morto chi parla.
Un miracolo della poesía.
Una feroce combinazione
di tutto contro tutto.
Il Mutante,
il diabolico esperimento della pazia
contro il finale atomico dil secolo:
in una sola voce,
tutte le parole.
E adesso posso dire
che, alla bomba feroce
ed a sue conseguenze,
sono inmune.
Una specie di selvaggio indomabile,
bárbaro di stile.
L’imbatibile
bólido parlante.
Vivo,
-da un secolo fa-
in un lontano paese,
al sud di Europa.
Vivo,
per abbitudine,
in suo proprio centro.
Al sud della città,
dove la città
è lei e suo fine.
Il vuoto
dove aterrizano i desagüi,
il proprio límite
tra la libertà e la pazzia.
Voglio dire
che Buenos Aires
no ha morto
perche, vivere,
vivo nei suoi quartieri.
E purtroppo,
-per il vecchio vizio dil ministero-
nessuno sospetta.
Fermato nel marciapiede di casa mia ,
di fianco,
con le gambe incrociate
e la destra in dietro,
contro il novedoso semaforo
apogiata,
e la sigaretta
nella bocca come se fosse un guapo
e, purtroppo,
pensano che sono
un malinteso,
un’erba selvagia
cresciuta inesperatamente,
fuori stazione.
Crezco con dificoltà
sotto lo sguardo attento
dei sorpresi agricoltori.
Tanta belleza,
per il finale dil secolo,
non aveva stato caolcolata .
E per quello,
per aver violato la legge
delle apparizioni ,
circonda su di me
l’opaco mormorio della callunnia,
il pericolo
di un destino di pazzi.
La disperazione.
Un uomo,
una donna,
detenuti
in vani ricordi incopritori:
la minaccia di castrazione,
la invidia al pene.
Ancora,
non hannoraggiunto l’odore dello umano.
Lui,
ha il pene.
lei,
non tiene pene.
Sono due bugiardi.
Quando circondino qualche volta la verità,
la transformeranno in potere,
e il potere
lo useranno,
per esterminare
la buggia su la terra.
Sono due fanatici,
due credenti pieni di fede.
Avere fino alla fine,
avere fino alla fine,
única illusione.
lui un pezzo di carne
o bene,
un poco di denaro.
lei
una speranza,
anche se più non sia,
un desiderio.
Menassa
recitando
Un uomo
(1:35min) (No se desespere mientras baja el video)
Tutta dialéttica
è,
ostinata.
Si ripete vanamente fino alla fine,
anche proclami independenza,
anche proclami permanente rivoluzione,
metamorfosi permanente.
La storia per adesso,
due classe in guerra,
trasformandosi durante secoli,
in due classe in guerra.
Una che tiene,
l’altra che non tiene.
Una che tiene la speranza di non perdere.
Altra che tiene la speranza di tenere.
Un mondo,
come vediamo,
pieno di speranze,
dove il risparmio e il spendere,
non aprino
nessuna nuova strada.
Il culo
ha fatto suoi casini
Un povero uomo
i cui límiti sono
la merda e la pureza.
Sempre un arrebato in linea retta
in un senso o in un altro,
e come scherzo,
credemo che 5.000 anni,
sono anni sufficienti.
Possiamo intentare il disenmascaramento:
l’uomo,
al di là di culo
ha cuore.
Menassa
recitandoTutta dialettica (4:20
min)
(No se desespere mientras baja el video)
LETTERE DEL DIRETTORE
CANTO UNDÉCIMO O CANTO FINALE
Schiavi,
e, purtroppo,
sono uno scrittore.
Solo voglio
sue affamati sguardi su di me.
Solo voglio
-per l’ultimo poeta di occidente-
un vero lusso:
Testimoni,
bilioni di testimoni,
per il canto finale.
E il atrevimiento,
è insospettabile
perche adesso,
devo scrivere,
nostro canto finale.
Famosi rumori,
voglio,
selvaggi voci,
per che il poeta,
possa lo impossibile:
cagar en el baño,
mangiarenella sala di pranzo,
morire in un letto,
e un diploma di qualcosa,
non gli vendrebbe male.
L’impunità è necessaria.
La bestia,
che riposi tranquilla,
che muoia in pace.
Il circo,
solo necessita
suo passato.
Gia lo so’ signori,
la libertà
non essiste.
Lo disse io stesso,
pero il poeta,
ama la libertà.